lunedì 10 marzo 2014

Net Generation: la cultura giovanile in una prospettiva di società virtualizzata - di Paolo Borgognone


Scopo della presente relazione[1] è identificare nel «modello della propaganda»[2], gestito dalle principali corporations mediatiche private occidentali, un sofisticato quanto facilmente demistificabile meccanismo di riproduzione economico-politico-culturale del sistema di capitalismo assoluto caratterizzante la società dei consumi e dello spettacolo della quale, come “Occidente”[3], siamo parte integrante.
Il controllo sociale messo in atto dal modello di cui sopra, si invera attraverso un processo di manipolazione e formazione del consenso su ampia scala, concernente tre anelli concentrici di un unico cerchio. Il primo anello comprende il controllo dell'informazione strumentale a reindirizzare, per via politica, economica e militare, gli scenari geopolitici nell'ottica degli interessi delle multinazionali private occidentali[4], del complesso militare-industriale statunitense e dell'imperialismo sionista; il secondo anello riguarda le strategie postmoderne tese al controllo coloniale delle politiche interne agli Stati assoggettati al Nuovo Ordine Mondiale; il terzo anello infine, concerne la strategia di ridefinizione della struttura di classe nell'ambito del capitalismo contemporaneo[5], nonché conseguentemente e consustanzialmente, delle mentalità e dell'immaginario collettivo occidentale nel novero dell'affermazione e del consolidamento di una società di consumatori individualizzata.


[1]    Per un approfondimento del tema in questa sede trattato, rimando a: P. Borgognone, La disinformazione e la formazione del consenso attraverso i media, Vol. 3. La strategia mediatica di formazione e manipolazione del consenso attraverso i nuovi media. L'analisi critica del caso italiano, Zambon, Frankfurt, 2014.
[2]    N. Chomsky, E. S. Herman, La fabbrica del consenso. Ovvero la politica dei mass media, Il Saggiatore, Milano, edizione 2008.
[3]    Cfr. F. Cardini, L'invenzione dell'Occidente, Il Cerchio, Rimini, 2004.
[4]    L'ultima, in ordine di tempo, di queste menzogne mediatiche pubblicizzate dai media occidentali al soldo degli interessi economici e politici statunitensi, allo scopo di costruire una strategia di “guerra umanitaria”, è quella relativa al cosiddetto «attacco chimico» dell'Esercito siriano ai danni di civili presso l'area di Ghouta il 21 agosto 2013. Per una definitiva demistificazione di tale messinscena degna di una vera e propria operazione di marketing- politico, vedasi: S. M. Hersh, Whose sarin?, in «London Review of Books», 8 dicembre 2013.
[5]    Cfr. C. Preve, E. Orso, Nuovi signori e nuovi sudditi. Ipotesi sulla struttura di classe del capitalismo contemporaneo, Editrice Petite Plaisance, Pistoia, 2010.



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sabato 1 marzo 2014

RESOCONTO CONVEGNO 7 DICEMBRE 2013



Continua il percorso per la costituzione del Forum nazionale contro la guerra.

Dopo la partecipata manifestazione del 13 ottobre 2012 contro la vendita degli aerei M346 ad Israele, che ha fatto nascere l’idea, e dopo il convegno del primo e due giugno 2013 su “ Armi, guerra e territorio”,  la cui riuscita ha reso manifesta la bontà dell’idea, il recente convegno di approfondimento del 7 dicembre 2013 su di un tema già toccato a giugno ( informazione e guerra) ha confermato ulteriormente la necessità della nascita del Forum.
Molti interventi hanno toccato il tasto della frammentarietà del campo della pace e hanno ricordato, invece, quanto sia forte ed organizzato quello avverso.



Relazioni del mattino

Padre Massimo Robol, comboniano di Venegono Superiore, saluta i partecipanti, legge l’augurio di buon lavoro di Alex Zanotelli che mette in evidenza la rilevanza del tema scelto e ricorda con le parole di Mandela quanto sia importante dedicarsi con passione a ciò che si fa.

Fiorella Gazzetta presenta il programma dei lavori; prende quindi la parola Raffaello Zordan, giornalista di Nigrizia, che, partendo dalla situazione africana di cui ha profonda esperienza diretta, spiega l’importanza di costruire un reticolo di informazioni, di specializzarsi, di interloquire con chiunque; ricorda la necessità di una pressione costante della base e di una continua azione di lobby.
Marinella Correggia,  eco-attivista contro le guerre, già ospite a giugno, mette in guardia rispetto al controllo delle fonti di informazione. Chi controlla le notizie diffuse dai cosiddetti “attivisti”? Chi sono costoro? Gli stessi rapporti dell’ONU sono in realtà rapporti di commissioni costituite da non meglio precisati “esperti”. La manipolazione della informazione si è accentuata dalla prima guerra contro l’Iraq in poi. Evidenzia la contraddittorietà di alcune organizzazioni che sono contro la pena di morte e per la difesa dei diritti umani, ma non contro la guerra. I Paesi poveri sono privi di mezzi economici idonei a contrastare l’informazione diffusa dai Paesi ricchi. Ricorda alcune false notizie, accertate in seguito come tali: le incubatrici staccate dagli Iracheni in Kuwait, i bombardamenti della popolazione da parte di Gheddafi, quelli in Siria sulle code per il pane. Invita a diffidare di strumenti come Avaaz che mescolano cose buone al peggio (ad esempio la raccolta di firme contro Evo Morales).

Il giovane Paolo Borgognone , ricercatore e scrittore, membro del CIVG (Cerntro per le Iniziative per la Verità e la Giustizia) approfondisce alcuni aspetti particolari: parla
anche lui delle falsità a sostegno delle aggressioni, ma anche dei processi di mercificazione che riducono la società a mera società di consumatori. I giovani sono essi stessi merce. Più che beni di consumo si tende a produrre desideri, tutti destinati alla dismissione. Parla di virtualizzazione sociale e di dipendenza dallo strumento tecnologico. Si giunge ad “acquistare” anche il partner. Ricorda la strumentalizzazione del passato per valorizzare il presente.

Dopo avere preso atto, tra gli applausi, della gradita presenza in sala di Monsignor Luigi Bettazzi, si proiettano due acuti e divertenti spot pubblicitari contro gli F35.
Nanni Salio del Centro Studi Sereno Regis di Torino ricorda due importanti libri su armamenti e guerra scritti da un esperto: il generale Mini. Denuncia il pacifismo come passivismo e il continuo ritardo nel suo intervento. Anche la Chiesa giunge in ritardo, ad armi costruite e a guerre in corso. Al contrario, gli avversari sono efficienti professionisti. Denuncia infiltrazioni nelle ONG. Il giornalismo di pace deve indicare alternative e non limitarsi a denunciare. Il movimento per la pace è frammentario, senza struttura organizzata e logistica. Con un euro al giorno a testa si risolverebbe il problema del finanziamento.
Mariaelena Delia, attivista per i diritti umani-FGM, via Skype ricorda la figura di Vittorio Arrigoni, non solo attivista ma anche cronista, giornalista, scrittore. Ricorda quanto ebbe a dire Hamira Hass a Robert Fisk: compito principale del giornalista è monitorare i centri di potere.
Segue dibattito e pranzo “vegitaliano” su menù di Marinella Correggia.

Prima della ripresa dei lavori del pomeriggio rivediamo i due spot, alla presenza del loro produttore.

Giorgio Beretta, ricercatore, membro di RID (Rete Italiana Disarmo) e di UNIMONDO, si scaglia contro il tour in corso della nave Cavour, vera e propria esposizione itinerante di armamenti. Afferma che l’informazione c’è e si può avere, ma manca una adeguata diffusione. Occorre esercitare pressione sulle possibili rappresentanze parlamentari. I temi di intervento vanno individuati in base alla violazione della legalità: questo è lo spartiacque. Denuncia le carenze informative: nel bilancio sociale di Finmeccanica non viene indicato un solo Paese in cui sono vendute armi.

Giulietto Chiesa, saggista e giornalista per varie testate, via Skype torna sui temi a lui cari: l’imminenza della terza guerra mondiale, l’azzeramento del movimento pacifista. L’11/9 è stato uno spettacolo e lo spettacolo non è informazione. Noi siamo raggiunti da messaggi: il 5% sono informazioni, il 95% sono pubblicità e intrattenimento. Il consenso alle guerre si costruisce in quel 95%. Riferisce della esperienza argentina per un vero servizio pubblico televisivo e, su domanda,
conferma il suo impegno, da tempo coltivato, per creare una televisione privata libera. Annuncia che il progetto dovrebbe andare in porto a breve.
Intervengono quindi quattro rappresentanti NO TAV  della Val di Susa, che ricordano la storia della loro lotta e come non sia localistica; raccontano della repressione giudiziaria di cui sono vittime. Sulla informazione denunciano che i giornalisti sono “velinari” della Questura.
Sollecitato dagli organizzatori prende la parola Monsignor Luigi Bettazzi che conclude il suo breve intervento con incisive parole che fungono da stimolo : ”La pace non basta sognarla, bisogna costruirla tutti insieme; voi siete sulla strada giusta, continuate così; noi siamo con voi”.

Prende quindi la parola Patrick Boylan, rete No War, redazione di Peace Link, Statunitensi per la pace e la giustizia, duramente critico con la Tavola della pace. Denuncia le connivenze tra politici e azionisti di fabbriche di armi: spesso le due figure coincidono. I media presentano come esperti militari quelli che sono azionisti fabbricanti di armi. Presenta schede e filmati con nomi e cognomi di amministratori pubblici detentori di pacchetti azionari di fabbriche di armi. Neocon lodano Obama, purchè attacchi la Siria. Denuncia la concentrazione del controllo delle testate giornalistiche. Occorre dotarci di mezzi; qualcosa c’è già: Libera TV, Peacelink on air.
Raffaele Simonetti, attivista milanese per la Palestina, ricorda in specifico come nel 2011 è stata trattata dai media la “contro kermesse” di Milano e cioè l’insieme di iniziative che per giorni hanno contrastato la mistificazione informativa di Israele.
Nell'intervento di Domenico Argirò del Movimento No F-35 del Novarese si è riferito del rapporto tra azioni di protesta territoriali contro gli F-35 e stampa locale. In particolare sono stati fatti vedere, sullo schermo predisposto, alcuni articoli tratti dalle Cronache del Novarese de La Stampa, dal Corriere di Novara e da Tribuna Novarese, che coprono un arco temporale che va dal maggio del 2007 all'autunno del 2013. Anche dalla lettura dei soli titoli di questi articoli e dall'analisi delle fotografie che li accompagnano, si può notare un'evoluzione nella considerazione delle azioni di contrasto del progetto di costruzione dei nuovi cacciabombardieri statunitensi. Si passa infatti da una sorta di criminalizzazione preventiva dei manifestanti ad una considerazione più attenta delle ragioni degli oppositori del progetto in questione, pur permanendo una discreta sottovalutazione dell'impatto sociale delle azioni di protesta ed una valorizzazione, a volte eccessiva, degli argomenti sostenuti dagli attori istituzionali coinvolti nel progetto stesso.

Infine Elio Pagani , di DisArmiAmoLaPace e No M346 ad Israele, ha sintetizzato una sua ricerca (pubblicata integralmente sul blog del forum contro la guerra) circa il rapporto tra il progetto comunicativo del Comitato “Nessun M346 a Israele” e i mass-
media varesini, in relazione alla manifestazione del 13 ottobre 2012 contro la vendita degli addestratori armati di AleniaAermacchi ad Israele. Pagani ha invitato a considerare i limiti del progetto comunicativo del Comitato, ma anche quelli dei mass-media locali. Per essi c’è da chiedersi se siano in grado di “fare opinione” (e come) o semplicemente si limitino a “descrivere” fatti ed opinioni diffuse, se siano capaci di “fare ricerca” e “giornalismo di inchiesta”, o se siano solo in grado di fare da cassa di risonanza di soggetti forti, in particolare delle imprese a produzione militare (che hanno coniato l’immagine accattivante della “Provincia con le ali”).
-In realtà sappiamo-, ha concluso Pagani, - che anche in seno ai mass-media locali operano giornalisti capaci di fare inchiesta, ad esempio sulla malavita organizzata o su crimini di altra natura, e che per questa ragione hanno subito pressioni e minacce; perché allora è così difficile anche per loro guardare con occhio più critico la produzione bellica ed i suoi effetti? -

Ci si saluta, ancora una volta arricchiti da contributi importanti, confortati dalla consapevolezza di essere in tanti a pensare e dire le cose giuste, amareggiati dalla episodicità del lavoro comune.
Il costituendo Forum dovrebbe, nelle nostre intenzioni, ovviare a questo limite.